samedi 8 août 2015

PENSIERO ( ANARCHICO? ) DEL MATTINO: VEGAN SI COGLIONA MENO

Essere una voce fuori dal coro che odia le assonanze e le somiglianze mi è sempre davvero piaciuto, quindi vi auguro che nulla possa scalfire le vostre convinzioni, invitandovi però a diffidare sempre e comunque delle associazioni che sostengono di rappresentarle, non solo delle imitazioni. 

Innanzitutto perché per me, chi non è in grado di dire o di fare la sua  singolarmente, per poi se è il caso unirsi ad atri che cavalcano la stessa onda nell'azione, non ha niente di davvero importante da aggiungere a una causa e non è un motore, ma una ruota e spesso bucata e di scorta. 



Non c'è bisogno per credere a qualcosa di farsi invischiare in tele di ragno, che sempre nascondono insidie, malgrado il fatto di sentirsi che rassicurato dal gruppo e dal coro, per i timidi diventa l'unico modo per riuscire ad esternare quello che credono essere il proprio pensiero, complice un marchio accattivante, un gagliardetto, una T-shirt o una bandiera. Cazzate!

L'unica cosa di questi tempi in mano al capitalismo mondialista sfrenato da aggiungere è che se si perdono di vista il valore del singolo, dell'individuo e dei propri particolarismi analitici, si finisce per ripetere come pappagalli il messaggio di un gruppo dietro il quale tu non sai chi c'è e perché questo qualcuno te lo fa ripetere. 

Odio gli slogan, detesto i manifesti, mi fanno abbastanza schifo pure le divise, soprattutto quelle mentali, odio le etichette. Un esempio? Credo nel vegetarismo come pratica nella mia di vita e non nelle sue implicazioni pseudo-politiche dietro alle quali abili burattinai israeliani nascondono l'intenzione di consacrare l'entità illegale sionista come tempio del Vegan e del cruelty-free. Paradossale?

 VIDEO


Si per degli assassini seriali suprematisti e razzisti eppure succede. E soprattutto c'è pure chi, complice la sua pigrizia o forse la sua paura di dispiacere gli altri membri del "gruppo" si rifiuta di discuterne in senso sistematico le storture e le manipolazioni. Ma c’è molto di più una contraddizione in termini che è alla base di questa campagna di Green-Washing che non è un particolare irrilevante.

Allego la traduzione di questo articolo molto interessante:


IL MITO DEL PROGRESSO VEGAN DI ISRAELE

Israele il è davvero paese “più Vegan” del mondo? Secondo associazioni che vanno dal PeTA, Mercy for Animals, Farm, 269life, dXe, Sea Shepherd ed un gran numero di altre associazioni di militanti e organizzazioni di difesa dei diritti degli animali nel mondo la risposta è : SI.
Si ritiene che Israele ospiti un 4% di popolazione vegan, il Vegan fest a Tel Aviv, attira una folla di ben 15.000 persone, la catena di Pizzerie Domino offre una pizza Vegan nel suo Menu, e l’IDF ( Israeli Defense Force ), offre parimenti opzioni vegan ai suoi soldati nelle mense delle caserme.
Dunque Israele dovrebbe essere la “Terra Promessa” dei Vegani.

Ma questo consenso non è unanime però. Gli attivisti delle associazioni di solidarietà ai Palestinesi ed anche molti Vegani, messi davanti a questa narrativa hanno puntato il dito indicando che si assisteva ad un’operazione di “Greenwashing” dello Stato di Israele e dell’Occupazione della Palestina.

Articoli come : “Israel’s Killer Vegans” di Electronic Intifada, “Vegan Killers: Israeli Vegan Washing and the Manipulation of Morality”Shooting an Elephant” e “Animal Liberation Against Israeli Occupation: We Stand With Palestine”sono esempi egregi di contrasto alla costruzione narrativa che vuole dipingere Israele come un paradiso vegano. 

Tutti questi articolo ritrattano seriamente con il tentativo di fare capire l'occupazione in un contesto più ampio concludendo che è  impossibile separare le cosiddette politiche progressiste del veganismo in Israele con l’occupazione stessa.

Questo è importante perché tutti questi articoli illustrano le ragioni per le quali anche se tutta la popolazione di Israele fosse vegana, l’occupazione della Palestina rimarrebbe  comunque senza una giustificazione valida, e questo non lo ripeterò mai abbastanza. 

Tuttavia, tutte le facce di questo dado, si dimenticano di un punto importante della questione e cioè che l’aumento del numero dei vegani in Israele è di per se stesso una bugia, , Una manipolazione intenzionale che utilizza parametri  di confronto con le regioni in cui esiste il numero maggiore di gran mangiatori di animali incensandoli come "vegan".

Che significa dunque consumo di carne pro capite? E 'il consumo di carne totale di un paese  calcolato in base alla media tra la sua quantità ed il numero della sua popolazione, per anno. Il consumo pro capite di carne non è mai stata una statistica bene accetta in Occidente, soprattutto quando si confronta con la qualità in senso migliorativo delle nostre politiche per i diritti gli animali. Perché? Perché di fronte alla difesa dei diritti, e anche se le popolazioni vegane sono marginali, le nostre società consumano ancora quantità massiccia di prodotti di origine animale.

E allora per voi dove si piazza Israele quando si tratta di fare una classifica di consumo di carne pro capite per anno? Ebbene, sta vicino alla vetta dell’elenco. Gli israeliani infatti consumano 102 kg pro capite all’anno - che è più del Canada ( che ne consuma 92 ), più che nel Regno Unito ( che ne consuma 82 ), ben al di sopra di qualsiasi altro paese della regione e ben al di sopra della media mondiale ( che ne consuma 42 ) e della media della UE ( che ne consuma 82 ). Ma quali sono quei pochi paesi al mondo che mangiano più carne di tutti pro capite all’anno? Sono gli Stati Uniti, la Nuova Zelanda, l’Austria e l’Australia. Ebbene sì, è proprio questo lo scenario  della zona d'ombra nella quale gli animalisti stanno celebrando uno dei paesi in cui il consumo di carne è più alto, come un paese "vegano".

Ma per caso il consumo di carne di Israele almeno sta diminuendo? La risposta è NO. La tendenza al contrario sta salendo ed in scala esponenziale. Infatti nel 2000 il consumo di carne pro capite ad Israele aveva una media sotto i 70 kg. per anno ed invece nel tempo è cresciuta ad un tasso più elevato che in qualsiasi altro paese del mondo. E anche se il consumo di carne scendesse di 30 kg. in un anno, cosa assolutamente inaudita, gli israeliani sarebbero comunque ancora ben al di sopra della media mondiale, i primi della loro regione, e soprattutto anche sopra i loro stessi livelli di consumo nel 2000.

Ma come può essere possibile questo? Piccole minoranze di una popolazione influiranno con il loro modo di vivere in maniera trascurabile se la stragrande maggioranza sta aumentando il suo consumo di carne. Questa è una realtà che vale per Israele così come in USA, Canada, UK, o davvero qualsiasi altro paese del mondo, che vanti una popolazione vegani. I vegani sono infatti sistematicamente impegnati nella promozione che diventare completamente vegetariani salverà “vite di animali” e dare rilievo a statistiche dell’incremento della popolazione Vegan piuttosto che sul consumo di carne pro capite per anno è il risultato di questo tipo di menzogne. Israele non è altro che l’ultimo esempio di quanto questo meccanismo sia assurdo.

Quest’epica narrativa è molto in voga anche per altri motivi. E cioè perché molti movimenti che promuovono i diritti degli animali supportano sia il Sionismo che l’Stato di Israele e quindi il mito dell’incremento dei Vegan in Israele da una spintarella a questa posizione. In termini più generici, Israele è attualmente un palcoscenico mondiale per un conflitto di più ampio raggio sul tema dei diritti degli animali, tra quelli che vogliono continuare a portare avanti a spada tratta la priorità del tema anti-specista sopra ogni cosa e tutti quegli altri che invece dalla parte opposta vorrebbero piazzare la difesa degli animali in un contesto di giustizia sociale complessiva. Se l’aumento del numero degli individui sensibili alla causa Vegan risulterà essere un argomento convincente come lo è di norma, questi stessi militanti antispecisti avranno tutte le cartucce che gli servono per mettere a tacere ogni tipo di critica sull’espansione  delle colonie, sul suprematismo bianco, discriminazione nei confronti dei disabili, transfobia e misoginia e via dicendo all’interno della loro stessa comunità.

Finché potranno fare conto su una comunità vegan in crescita da promuovere, potranno scrollarsi di dosso ogni tipo di appello a costruire coalizioni contro l’entità sionista o a porsi domande sull’oppressione all’interno di un movimento elitario. Questo è il motivo per cui una serie di organizzazioni a difesa della causa animale e delle persone che altrimenti non si sarebbero mai ritrovate nella stessa stanza insieme si sono riuniti per una coalizione a sostegno del mito del progresso vegan in Israele. E tutte le vecchie ferite e le battaglie per il benessere / per i diritti /  e per le abolizioni hanno lasciato il posto nella comunità a questa nuova causa.

Ma che cosa è andato perso dunque in questo processo? Bé al momento proprio il progresso della causa animale. Mentre tutti erano stra-occupati a celebrare l’aumento del numero dei Vegani ad Israele, il consumo della carne in Israele continua e non accenna a diminuire. Così come lo stile di attivismo di 269 life è stato esportato in Nord America attraverso Direct Action Everywhere (dXe)
 e i suoi organizzatori lo hanno fatto esibire in tournée nella stessa  facendosi forza del progresso vegan di Israele come modello di militanza, assistiamo alla stessa tendenza anche qui. La battaglia consiste nella creazione della più grande, ma più isolata ed inefficace “comunità vegan” rappresenta la fiera dell’inutilità.

Che ne è infine dei “barbari” all’interno di questa mitologia del progresso vegan però? Penso ai Palestinesi che affrontano l’apartheid come realtà quotidiana ed al contempo le ondate di aggressioni militari? Il consumo di carne in Palestina chiaramente è regolato così come Israele controlla  i suoi confini, ma è importante notare come questi non civilizzati ( meglio dire ancora non conquistati ) autoctoni mangino appena 25 kg. di carne pro capite per anno. Vi sembra strano? Bé in Libano ne mangiano 43, in Egitto 28, in Giordania 46. L’unico paese del Medio Oriente che sta vicino alla media israeliana è il Kwait con un consumo pro-capite di 87 kg. La maggior parte degli abitanti della regione dello Sham restano ben al di sotto di queste percentuali. A che punto quindi dovremmo investigare sul mito del progresso vegan come una forma di islamofobia?

Se Israele è davvero il “paese più vegan del Mondo”, bé allora i militanti di questa causa dovrebbero davvero interrogarsi su che cosa significa davvero veganismo e soprattutto perché è importante. Se invece questo termine può essere così facilmente reindirizzato ed usato come scusa per un genocidio umano e per l’apartheid forse è tempo di una riflessione sui propri obiettivi, sulle proprie strategie e soprattutto sull’efficacia delle stesse. 

@dylanxpowell / dylanjamespowell@gmail.com

fonte: http://dylanxpowell.com/2015/02/15/the-myth-of-vegan-progress-in-israel/



Aggiungo anche un altro episodio occorsomi ieri, per capire come diventa facile farsi abbindolare… 

Un amico, ingenuo, perché ancora ancorato alle logiche del partito a cui appartiene, mi ha presentato il blog degli Anti-fa antispecisti e vegani come una pagina seria anti-fascista e anti-imperialista…

Dopo un’occhiata superficiale mi sono accorta che questi sedicenti anti-imperialisti, parlano di fascismo celato di alcune organizzazioni cattoliche anti-speciste criticandolo, ma mai della truffa che vi ho appena illustrato di Israele “lo stato più Vegan del mondo”. E sapete perché?

La risposta è semplice, malgrado ci siano gruppi di Anti-fa che si dichiarano pro-palestinesi tutti però non esitano da 4 anni a farsi i vettori della insana politica della NATO e dei war-mongers contro la Libia del povero Gaddafi e la Siria di Bashar Al Assad, con la solita scusa che si tratta di feroci dittatori, naturalmente senza alcuna riflessione sul fatto che questo lo sostenga la Clinton, Laurent Fabius o Cameron senza dimenticare Benjamin Netanyahu ed il suo pony express Bernard Henry Lévy. Insomma il massimo della coerenza in senso anti-imperialista e soprattutto anti-specista e anti-razzista pensando agli israeliani. 



Non solo ma questi gruppi hanno contribuito attivamente ad etichettare come fascisti e nazionalisti tutti coloro che si opponevano attivamente alle politiche colonialiste dei Neocons bollandoli come fascisti o militanti di estrema destra e noi sappiamo che così non è. 


C’è chi non vuole capire perché questi gruppi si muovano unidirezionalmente, ma se si scava sotto la crosta e un pochino sul web quello che esce fuori è che questi gruppi si affannano nella denuncia di fascisti immaginari e non, tutti protesi nella negazione che il sionismo essendo un nazionalismo etnocratico suprematista sia la forma più estrema di fascismo che possa esistere, quindi non fatevi abbindolare.  

Non ci si può dichiarare anti-imperialisti se si portano avanti le politiche della Nato e se si partecipa alla fiera della menzogna per conto di Israele e delle politiche imperialiste occidentali. Vi faccio un’altro esempio che coinvolge militanti Anti-Fa del NPA, Nouveau Parti Anticapitaliste in un’aggressione ad un corteo elettorale del partito antisionista che promuoveva la candidatura di Dieudonné, naturalmente a braccetto con le istanze Ligue de la Défense Juive e soprattutto sotto gli occhi della polizia che come al solito non interviene.

Quello che mi impressiona della testimonianza video di questo episodio sintomatico è a parte il fatto che il gruppo di Anti-fa (LDJ), fosse armato, (barre di ferro, pugni di ferro e spray lacrimogeni), ed attaccasse gente inerme con dei volantini in mano incluse le donne. E soprattutto il contrasto evidente tra il gruppo composto di ragazzetti nerboruti e palestrati bianchi, con dall’altra parte della barricata un’insieme di persone di ogni razza, religione, colore e cultura. Antifas = fausse opposition au service des banques? Cherchez l’erreur

Video


Non parliamo poi del leader del NPA Olivier Besancenot che scoppiò in lacrime alla TV nazionale davanti l’abituale accusa di comodo di antisemitismo di Roger Cukierman presidente del Conseil Représentatif des Institutions juives de France (CRIF), di cui vi invito di leggere il curriculum vitae per capirne la matrice oltre al fatto di ricordarvi che rappresenta l’organo sionista di interferenza più importante sulla politica interna della Francia a prescindere dal partito che la rappresenta. Una bella figura di merda come militante della causa palestinese non vi pare?




Concludo senza alcuna paura per gli strali che mi arriveranno da chi come me ha certe convinzioni ideologiche, ma che contrariamente a me preferisce l’appartenenza alla truppa di militanti che si fanno manipolare che  la ribellione non è omologazione, e che la simbologia o l'araldica servono solo per per diventare parte ignara o meno di guerre per procura ed a trasformarsi in pedine su uno scacchiere che sono giocate da altri.

Io non sono questo e non sono quello, sono solo XXX, unica ed indivisibile e rappresento solo me stessa quando parlo. Posso essere un'amica fidata, ma mai un commilitone perché a stare intruppata non ci riesco, quindi prendetevi quel che c’è, non ho bisogno dell’etichetta di anti-fa per detestare ogni forma di fascismo ed il sionismo che è il fascismo all’ennesima potenza.

E se non rispondo ai canoni della definizione che mi si vuole affibbiare, bé davvero poco mi importa e sta proprio in questo la mia ribellione individuale come essere pensante.

Non affannatevi a cercarmi costumi da orco cattivo, o da principessa buona rapita nel castello, non sono un burattino e di piacere agli altri o dispiacergli non me ne importa proprio nulla, quello che a me interessa è non farmi bidonare da falsi ribellismi di facciata che servono l’impero e che gli sono funzionali. E che di recitare a memoria quel che vorrebbero altri, per riuscire ad inquadrarmi indi rapportarsi a me con un criterio rassicurante in senso consumistico, mi interessa alla stessa maniera e soprattutto quanto, mi fa piacere giornalmente pulire la lettiera dei miei gatti...  

Meglio essere come lupi solitari intellettualmente e cioè magnifiche fiere che possono vivere anche in branco, ma sempre alla macchia. Anche perché pensando alla mia affezione verso la causa animale, preferisco fare una brutta fine da lupo che una brutta fine da pecora…



jeudi 14 février 2013

Où se trouvent les bombes atomiques?


À part Israël, huit pays ont construit, ils ont testées et ils sont maintenant en possession d'armes nucléaires de toute nature, dont on se réfère à ces États avec le terme «club nucléaire».

Parmi ceux-ci, cinq seulement ont signé le Traité de non-prolifération des armes nucléaires (TNP, 1968), c'est à dire les États-Unis, la Russie, la Grande-Bretagne, la France et la Chine.

Alors que l'Inde, le Pakistan, la Corée du Nord et Israël n'ont jamais signé le TNP. Les trois premiers ont officiellement procédé à des essais nucléaires. Tandis que Israël et le seul pays au Moyen-Orient qui posséde la bombe atomique.

1 - Selon les statistiques officielles, le gouvernement américain et est actuellement «en possession de plus de 8000 ogives nucléaires, dont plus de 2700 sont utilisables dans un court laps de temps. Les ogives ont une puissance explosive de 1 Gton (gigatonnes), assez pour suffir à secouer des montagnes, pour détourner le cours des rivières, ou bien pour déterminer des brusques changements de climat et pour anéantir des centaines de millions de personnes.


Ogives nucléaires stockées dans la base aérienne de Nellisau Nevada un des quatre grands arsenaux nucléaires des États-Unis



2 - la Russie est en possession de1400 bombes atomiques ,même si on ne connaisse pas le nombre exact des bombes tactiques de Moscou. Comme les États-Unis, la Russie dispose également des missiles ICBM c'est à dire de longue portée, des missiles et bombardiers à courte et moyenne portée et des bombardiers et des sous-marins stratégiques.


1965, présentation du missile balistique intercontinental à l'époque de la guerre froide
Le missile balistique intercontinental de la Russie "Topol-M"

3 - La France et la Grande-Bretagne ont respectivement la premiere 300 et la deuxième 200 ogives, transportées par des sous-marins stratégiques (avec des missiles de rayon jusqu'à 7000 km) ou par des bombardiers de théâtre. Tant le sous-marin britannique Vanguard que le Triomphant français, étaient équipés de 16 missiles, dont chacun a un rendement explosif de 3,8 mégatonnes: huit fois plus fort que la bombe qui en 1945 a rayée de la carte la ville d'Hiroshima et causé la mort de 100.000 de ses habitants.



Le sous-marin britannique Vanguard




4 - La Chine possède environ 400 ogives nucléaires, des ICBM (les DF5) et des missiles à longue portée. Ils ont aussi des sous-marins stratégiques et des bombardiers de théâtre.





5 - l'Inde et le Pakistan sont des puissances nucléaires relativement récentes, et elles disposent d'un arsenal (de respectivement environ 50 et 20 ogives ) composé des missiles de portée courte - moyenne (Agni et Ghauri), pour les utiliser dans le cas d'un conflit indo-pakistanais.



Le missile balistique indien à capacité nucléaire de la série Agni-1, avec une portée de 700 km



Le missile de terre pakistanais appelé Hatf IX, avec la possibilité de montage d' une ogive nucléaire


6 - La Corée du Nord détient depuis longtemps l'énergie nucléaire à usage civil, mais elle a récemment annoncé son retrait du Traité de non prolifération,et elle a retiré les scellés de l'AIEA à son usine de retraitement, en commençant faire fonctionner un réacteur à l'uranium naturel et graphite, en disant que le pays a besoin de plus d'électricité.






7 - Israël dispose au contraire de plusieurs de centaines d'ogives (de 200 à 300), montées sur des missiles (Jericho 1 et 2), avec une portée qui peut arriver jusqu'à 4000 km et aussi de quelques missiles lancés par des sous-marins (Popeye Turbo, avec une portée d'environ 200 km), mais il semble que l'entité sioniste possède aussi des versions de missiles capables d'une portée jusqu'à 1500 km. 
Le programme nucléaire d'Israël et «complètement entouré de mystère, puisque ce régime n'a pas signé aucun traité contre la prolifération nucléaire, il n'est pas membre de l'agence de l'ONU de la bombe atomique et il n'a jamais permis aux inspecteurs internationaux de visiter ses sites nucléaires et donc il resulte absolument pas soumis à une quelconque pression par la communauté internationale et ça surtout caril bénéficie du soutien inconditionnel des Etats-Unis.


Le réacteur nucléaire en Israël (Dimona)



source: Radio Italia IRIB 


samedi 1 décembre 2012

I Bambini schiavi



Bambini schiavi in India, piccoli scavatori delle miniere d'oro in Burkinabé, ragazzini delle discariche nella Repubblica Dominicana, piccoli Messicani nei campi degli Stati Uniti… 115.000.000 di bambini nel mondo sono vittime delle peggiori condizioni lavorative.

20 anni fa, in '"Infanzia Incatenata" Hubert Dubois ne faceva un quadro esauriente. Oggi con "Bambini forzati" riprende l'inchiesta per stabilire i progressi realizzati su questa problematica, ma anche per lanciare un'allerta sulla loro fragilità in particolare in questi tempi di crisi.

Grazie all'INA http://blogs.ina.fr/ina-productions/2012/05/09/enfants-forcats/ abbiamo un'inchiesta eloquente sul lavoro dei bambini nel mondo.

Questo film mette in luce il circolo vizioso della povertà:

Un bambino che lavora non va a scuola, non andando a scuola, resterà povero.

E' possibile rompere il circolo? Gli stati si sono impegnati in nome della Convenzione 182 dell'Organizzazione internazionale del Lavoro e si sono dati come scadenza il 2016. E' un'utopia?

L'Indiano Kailash Satyarthi, personaggio centrale di una mobilitazione mondiale, è il filo conduttore dell'inchiesta, messo in realazione nei differenti paesi del documentario da degli attivisti che portano avanti questa battaglia a volte mettendo a rischio la loro stessa vita. "Bambini Forzati" è un documentario di Hubert Dubois (Francia 2011, 71 minuti), diffuso il 29 Maggio in Francia su Arte.

Una cooproduzione Ina/Arte France/CFRT

Con il sostegno del BIT, dell'Unicef, della Régione Ile-de-France e del CNC

Con la partecipazione di LCP, RTS, RSI, RTBF, NRK, DR, SVT, YLE, MDR