mardi 20 décembre 2011

Salah Hamouri: Non sono mai stato difeso come un vero cittadino francese

Liberato domenica sera, il Franco-Palestinese Salah Hamouri racconta a Le Point.fr di sette anni di prigionia in Israele.



Sette anni. Ci sarebbero voluti quasi sette anni affinché il giovane Franco-Palestinese Salah Hamouri potesse riscoprire la libertà. Una pena scontata nella sua quasi totalità, prima che il presidente Nicolas Sarkozy fosse intervenuto in suo favore, nell'occasione della seconda ondata di liberazione dei 550 prigionieri palestinesi ottenuta da Hamas, in cambio della liberazione del soldato Franco-Israeliano Gilad Shalit. Pertanto, durante sette anni, Salah Hamouri accusato di avere partecipato ad un complotto al fine di assassinare il rabbino ultra-ortodosso Ovadia Yossef, non ha cessato di dichiarasi innocente. Tanto più che l'atto di accusa del giovane uomo di 26 anni si basa su un complotto "lontano dalla sua possibile realizzazione" e con " degli elementi di prova essenziali mancanti". In un intervista al Point.fr, il Franco-Palestinese spiega perché Parigi ha usato letteralmente "due pesi e due misure" tra il suo caso e quello del soldato Gilad Shalit.


Le Point.fr : Salah Hamouri, quando hai saputo della vostra liberazione?

Sono stato trasferito dalla mia prigione mercoledì scorso alle sei del mattino in un altro penitenziario del Nord di Israele, dove ho passato la notte. Tutto questo si è ripetuto giovedì, alle sei e mezza, quando sono stato trasferito in un altra prigione, a nord, dove questa volta ho passato sette ore. E' li che la Croce Rossa mi ha annunciato che il mio nome figurava nella lista della seconda ondata di prigionieri palestinesi da liberare. Sono stato in seguito di nuovo spostato in un'altra prigione, a sud questa volta. Ci ho trascorso gli ultimi tre giorni, totalmente isolato, prima della mia liberazione domenica alle 22.


Le Point.fr : Come hai reagito questo annuncio?

Salah Hamouri: Riscoprire la libertà è semplicemente straordinario. E' stato come rinascere per me. Ma non riesco neanche ad esprimerlo a parole. La libertà è la cosa che era più cara ai miei occhi.


Le Point.fr : Ti aspettavi di essere liberato?

Salah Hamouri:Avendo finito di scontare la mia pena, avrei dovuto essere liberato il 28 novembre scorso. Ma le autorità israeliane hanno deciso diversamente. Hanno annullato una legge amministrativa che scontava una settimana per ogni anno di condanna, ( questa legge autorizzava la Giustizia Militare israeliana a convertire nel corso della pena stessa gli anni civili di 365 giorni, in anni amministrativi di 345 giorni. Di conseguenza, il Franco-Palestinese doveva passare 140 giorni supplementari in prigione, e non uscirne prima del mese di Marzo 2012). Dopo la prima ondata di liberazione di prigionieri, questa misura permetteva così alla giustizia di riempire le sue quote di prigionieri lasciandoci in prigione.


Le Point.fr : Il presidente Sarkozy è intervenuto in tuo favore dopo che l'ha fatto il rabbino Ovadia Yossef. Hai informazioni più dettagliate riguardo questo fatto?

Salah Hamouri: Io continuo a credere che la mia liberazione è stata ottenuta grazie agli sforzi durante questi sette anni del mio Comitato di sostegno in Francia, presieduto da Jean-Claude Lefort, (deputato onorario comunista). E' stato questo sostegno che ha accentuato la pressione sul governo francese allo scopo che facesse a sua volta pressione sul governo israeliano per ottenere la mia liberazione. Tutto ciò è la conseguenza diretta del lavoro incessante del mio comitato di sostegno.


Le Point.fr : Come consideri l'azione del governo francese che ha chiesto la tua liberazione alla fine di sette anni?

Salah Hamouri: L'intervento del governo francese non è arrivata che troppo tardi. Avrei voluto essere liberato da anni. Ma, durante tutto questo tempo, le domande di liberazione formulate da parigi non erano altro che troppo blande e timide. Io non sono stato difeso come un vero cittadino francese.


Le Point.fr : Credi di essere stato trattato nella stessa maniera del soldato israeliano Gilad Shalit?

Salah Hamouri: E' chiaro che dopo tutti questi anni di detenzione, c'era una differenza sostanziale tra me, un civile, e Gilad Shalit un soldato. Sfortunatamente, la Francia non ha reagito in base al Diritto Internazionale.


Le Point.fr : Ricevevi in prigione delle informazioni relative alla mobilitazione in tuo favore?

Salah Hamouri: I miei amici ed i miei genitori mi informavano. Questa è stata una cosa magnifica per me, e questo mi ha sostenuto psicologicamente. Questo mi ha dato ancora più fede e di speranza. La necessità di un'amicizia profonda tra tutti i popoli.


Le Point.fr : Hai sentito parlare del sostegno di François Cluzet, e della polemica che egli ha suscitato…

Salah Hamouri: Questo attore ha realizzato un gesto assolutamente eroico, che mi ha enormemente commosso. Io l'ho in quell'occasione, d'altronde contattato e ringraziato dalla mia cella. Esprimendosi in mio favore al TG delle 13 di France 2 François Cluzet ha fatto una scelta ancora più ammirevole in quanto egli ha subito di conseguenza molte pressioni di differente opinione… E' per questo pertanto che ci si appella alla libertà di espressione.


Le Point.fr : Come sei stato trattato in prigione?

Salah Hamouri: Come tutti i prigionieri palestinesi, noi viviamo in condizioni difficili, in otto per cella. Gli Israeliani ci mettono continuamente sotto pressione, in tutte le maniere possibili. Ci si impediva per esempio di ricevere libri, di studiare, o anche a volte di ricevere visite.


Le Point.fr : Perché hai portato avanti lo sciopero della fame a Settembre?

Salah Hamouri: Non ero il solo. Eravamo 234 prigionieri politici a protestare contro l'aggravio delle nostre condizioni di detenzione dopo la cattura del soldato Shalit. Questo mi è costato una settimana di isolamento, senza possibilità ne di vedere la mia famiglia, ne il mio avvocato e neanche il console di Francia. Ma alla fine dei conti, l'amministrazione israeliana si è rassegnata ad accettare le nostre rivendicazioni, anche se non sono state ancora applicate fino ad adesso.


Le Point.fr : Sei stato accusato di avere partecipato ad un complotto con lo scopo di assassinare il rabbino ultra-ortodosso Ovadia Yossef.

Salah Hamouri: Gli Israeliani continuano a parlare di delitto d'intenzione. La mia sola risposta, è che, adesso, 11000 Palestinesi, di cui 350 bambini, sono stati arrestati. E' molto grave questa cosa. Dal punto di vista israeliano, tutto il popolo palestinese è già condannato preventivamente.


Le Point.fr : Ti si accusa di essere un militante del Fronte Popolare di liberazione della palestina…

Salah Hamouri: Io sono in ogni caso comunque membro del popolo palestinese. questo popolo che vive sotto occupazione, è dunque conseguentemente e necessariamente politicizzato. Sono stato sempre un militante per la libertà del mio popolo. Questo diritto alla libertà è riconosciuto a livello internazionale. Tutti i popoli, dai Francesi ai Vietnamiti e tutti gli altri ne hanno diritto. Io non penso che sarebbe stato accettabile in Francia di condannare la resistenza del popolo francese all'occupazione durante la Seconda Guerra Mondiale. Conseguentemente trovo inaccettabile il fatto di condannare la nostra lotta. Il nostro popolo non deve essere escluso dalla storia.


Le Point.fr : E adesso che farai?

Salah Hamouri: Resterò qualche giorno vicino alla mia famiglia. Cercherò in seguito di recarmi in Francia per ringraziare tutti quelli che si sono mobilizzati per me. Sono francese, non dimenticatelo.


Le Point.fr :  Durante la tua prigionia, I palestinesi hanno visto due grandi sconvolgimenti.  La domanda di Mahamoud Abbas di adesione dello Stato palestinese all'ONU così come le due ondate di liberazione dei detenuti palestinesi ottenuta da Hamas in cambio della liberazione di Gliad Shalit. Come li hai accolti?


Salah Hamouri: Esiste davvero evidentemente una cotraddizione tra i due metodi. Ma comunque li considero entrambi come molto importanti. Quello di Hamas mi ha liberato, e quello di Mahmoud Abbas, lo spero, permetterà di liberare il mio popolo.



fonte: Israël-Palestine : Salah Hamouri : "Je n'ai pas été défendu comme un vrai citoyen français"





A.A.A. On cherche Vérité et justice… à l'impasse le procès à Gaza

Après 10 séances on a pas progressé. Il y a seulement une vérité officielle, illogique et boîteux, dont nous ne pouvons contenter, tandis que les points obscurs restent tous irrésolus. Et l'État italien ne fait rien.

GILBERTO PAGANI * 20.12.2011

Le procès Arrigoni à gaza est arrivé à l'impasse. Après 10 séances, ( le procès est entamé en réalité à juillet et il y a été une audience aussi en août même si ça s'est appris récemment) On peut dire que on n'a pas progressé dans la recherche de la vérité. Dans chaque audience La pantomime pseudo-garantiste répétée pour laquelle de temps en temps, le procureur militaire se daigne de fournir éléments de preuve recueillis en avril, les avocats de la défense donc demandent une remise de l'audience pour les pouvoir examiner, le tribunal l'accorde, et donc d'un renvoi à l'autre les temps passe dans l'espoir que le la situation décantes et que sur la mort de Vittorio se pose la poussière de l'oubli. Ils arrivent des choses incompréhensibles, d'autant plus si l'on considère que le procès se déroule devant un tribunal militaire, dans une situation de guerre, dans le contexte que nous connaissons: les témoins n'arrivent pas, la Cour prend note de ça, nouveau renvoi.  Les informations sont identiques à celles q'on se connaissaient déjà, donc on sai bien que deux des assassins sont morts, même si il n'est pas confirmé que l'un (le jordanien présumé directeur l'opération ) s'est suicidé. Il y a beaucoup de points obscurs au sujet de la reconstruction de cette opération policière.Les trois autres auteurs de l'enlèvement et de l'assassinat ont adossées les responsabilités principales aux deux sujets qui ne seront jamais en mesure de fournir leur version des événements. Les déclarations mêmes des accusés , cependant, confirment que deux d'entre eux (en outre des deux victimes) ont matériellement eu concurrence dans le assassinat de Vittorio. 
Les aveux ne sont pas crédibles quand ils essaient de diminuer leur participation directe à l'assassinat, et surtout il n'est pas particulièrement crédible que les accusés ne savent pas ou ne veulent pas expliquer les raisons qui les ont induits à accomplir les crimes qu'ils ont avoué. C'est aussi très curieux que, comme on sait bien, les enquêteurs n'a pas estimé d'approfondir les détails des faits, en se contentant de l'aveu de l'enlèvement et de l'assassinat, sans faire aucun effort pour parvenir à la constatation de la vérité. Il ya une vérité officielle, illogique et boitant, dont on ne peut pas se contenter. Toutes les questions que nous posons sont encore sans réponse, en particulier les deux principaux, c'est à dire pourquoi juste Vittorio a été enlevé et pourquoi il a été tué avant même que l'expiration de l'ultimatum. Les enquêtes, au moins celles "officielles"» ont été fragmentaires, pour utiliser un euphémisme. L'impression nette, c'est que on veut couvrir la complicité des appareils d'Etat (de toute façon en effet trois des accusés sont des militaires), afin que la vérité n'émerge pas. Dans cette situation déprimante, dans laquelle parmi des autres choses, la condition et les possibilités d'action des volontaires internationaux à Gaza sont gravement compromises, brille comme un phare d'espoir à la lettre aux familles des accusés que la famille Arrigoni a rendue publique aujourd'hui parmi le Palestinian Center for Human Rights. Comme on le sait la famille Arrigoni a exprimée clairement sa décision de demander que, s'ils seront condamnés, ne soit pas imposée la peine de mort pour les meurtriers.C'est un geste noble et généreux dans un moment où la haine et la vengeance sont le paradigme des relations sociales et juridiques, pas seulement dans le Proche-Orient, mais aussi chez nous, comme on sait très bien. Je ne sais pas combien d'autres personnes qui ont vu leur fils et frère tué dans une façon si barbare et inhumaine, seraient prêtes à un tel geste. Il ne s'agit pas de pardon, qui ne pourra être pas donné qu'après un repentir sincère pentiment et la pleine révélation de la vérité par les meurtriers. Il s'agit d'un message de vie dans un monde de mort, un cri d'espoir, un cri pour la paix et la fraternité, toutes les choses pour les quelles Vittorio a vécu, parce que on ne peut pas lutter contre la barbarie avec la barbarie et 'la haine avec la haine. La vérité sur la fin de Victor est certainement à Gaza, mais elle ne se trouve pas seulement là. Outre au message de condoléances du président de la République nos institutions n'ont rien fait pour faire la lumière sur l'assassinat de Vittorio, revenant sur une obligation juridique spécifique, même les ministères des Affaires étrangères et de la Justice et bien ils n'ont même pas envisagé de répondre à une invitation formelle à cet égard que j'ai leurs adressée ce Juin dernier. Bien sûr, la situation est compliquée, pas seulement ça, la Palestine n'est pas un Etat reconnu ,mais le Hamas (le parti au pouvoir à Gaza) est considéré comme une organisation terroriste par notre gouvernement, et bien que des autres gouvernements occidentaux ne partagent pas cette position et ont au moins des relations humanitaires avec Gaza. Ceci ne devrait pas être un obstacle qui empêche d'aider à faire la lumière sur l'assassinat d'un de nos compatriotes à l'étranger. Au contraire par contre, il pourrait être une occasion de surmonter ces positions obtuses qui ne sont pas bénéfiques, même à la politique étrangère du gouvernement.Aujourd'hui j'ai encore écrit au Président de la République et aux ministres des Affaires étrangères et de la justice pour les exhorter à faire leur devoir, c'est-à-dire de donner tout le soutien possible à la recherche de la vérité.Je souhaite que notre gouvernement tient à s'assumer se responsabilités et qu'il sorte de la ligne d'apathie et d'indifférence suivie dans le passé, en fournissant à la famille Arrigoni tout le soutien approprié et nécessaire. 

* l'avocat de la famille Arrigoni